PSICOLOGIA A BORDO CAMPO – Il dolore passa, la paura resta: entra nel lato psicologico del recupero sportivo

Un infortunio sportivo è un evento molto impattante nella carriera di un’atleta con conseguenze su vari aspetti e contesti della vita dello sportivo.  Esso coinvolge principalmente quattro aree tra loro interconnesse :

  • L’area del benessere fisico (dolore, restrizioni temporanee dei movimenti, possibilità di cambiamenti permanenti).
  • L’area del benessere emozionale (emozioni positive e negative, gestione dell’ansia).
  • L’area del benessere sociale (legato a perdita del ruolo e separazione dall’ambiente sportivo).
  • L’area del sé (alterazione della propria immagine, minaccia agli obiettivi di vita, ridimensionamento di una propria idea di infallibilità, riconoscimento di limiti fisici e diminuzione dell’auto-efficacia).

Il recupero non implica, dunque, solo la guarigione dal punto di vista fisico, infatti, i fattori psicologici hanno un peso notevole e influenzano direttamente o indirettamente la natura, l’efficacia e la qualità della gestione immediata dell’infortunio, del percorso riabilitativo e del successivo ritorno allo sport. Il percorso di recovery si può articolare in tre fasi:

Fase acuta post-infortunio: Rabbia, paura, senso di solitudine e di essere incompresi dalle figure affettivamente vicine rappresentano lo stato d’animo di tutti coloro che investono tempo ed energie nello sport e si identificano nel ruolo di sportivo. Oltre ciò lo sportivo può essere invaso da pensieri catastrofici e colpevolizzanti verso di sé o gli altri.

Fase di riabilitazione: se le emozioni negative tipiche della precedente fase iniziano a diminuire, timori legati a recidive e dubbi sul pieno recupero possono ostacolare la ripresa. Spesso mancano obiettivi chiari e aggiornati per riabilitazione e rientro. In questo contesto sono fondamentali il rispetto del programma fisioterapico e il supporto dello staff tecnico e dei familiari per evitare isolamento e senso di abbandono.

La fase di ritorno allo sport: Durante il ritorno allo sport prontezza fisica e psicologica non sempre coincidono: anche dopo il recupero fisico, molti atleti (30-60%) non riescono a tornare subito ai livelli di prestazione pre-infortunio. Un fattore cruciale è la paura del ritorno in campo che può ostacolare la piena ripresa, a questo si aggiungono aspettative spesso irrealistiche: l’atleta si attende un ritorno immediato agli standard precedenti, senza considerare che un calo iniziale delle prestazioni è normale, generando così frustrazione e insicurezza.

Qual è il ruolo dello psicologo dello sport?

Tipicamente l’intervento dello psicologo dello sport si basa sull’utilizzo di strumenti valutativi e tecniche compensative che agiscono sia a livello diretto (lavorando direttamente sull’atleta) che a livello indiretto (agendo sull’ambiente sportivo e sociale). Tecniche già viste nei precedenti articoli come il rilassamento psico-corporeo, il self talk e il goal setting permettono al professionista di accompagnare l’atleta verso un recupero ottimale delle proprie risorse fisiche, ma soprattutto psicologiche.

Intanto che si aspetta il suo intervento, come si può aiutare l’atleta infortunato?

Un intervento educativo in cui si rende maggiormente consapevole l’atleta sul processo riabilitativo si pone come base di cura che ogni figura a lui vicino può sostenere. Questa educazione deve riguardare informazioni pratiche rispetto all’infortunio e al processo riabilitativo, spiegando le conseguenze a livello di danno fisico, dolore del trattamento e vissuti psicologici tipici del recovery; obiettivo principale è quello di favorire un senso di controllo che l’infortunio può aver compromesso.